lunedì 24 febbraio 2020

FORMALBA RICORDA GIORGIO CASTELLI


Il 24 febbraio 2006 ci lasciava Giorgio Castelli
QUATTORDICI ANNI NEL SEGNO DELL'AMORE E DELLA SOLIDARIETÀ
La Fondazione che porta il suo nome ha formato oltre 15.000 operatori laici e donato 400 Defibrillatori a Scuole, Società Sportive, Parrocchie, aree culturali

Risultato immagini per giorgio castelli


di
Marco Giustinelli

Il 24 febbraio 2006 il giovane calciatore Giorgio Castelli perde la vita su un campo di calcio della periferia romana per arresto cardiaco. Accanto a lui nessuno sapeva che fare e come farlo correttamente. Non c’era neanche un defibrillatore, apparecchio salvavita in grado di salvare, se usato correttamente da personale appositamente addestrato, quasi la metà delle persone colpite da arresto cardiopolmonare. Come Giorgio, ogni anno, in Italia, oltre 60.000 persone muoiono perché il loro cuore si arresta, talvolta in modo inspiegabile in persone apparentemente sane o, comunque senza patologie conclamate. Il killer principale, in questi casi, è il tempo. Le possibilità di successo sono legate in maniera determinante alla tempestività dell’intervento e nessun soccorritore professionale è, ovviamente, in grado di raggiungere il paziente nei pochissimi minuti successivi all’evento dove il massaggio cardiaco e, soprattutto, la defibrillazione precoce, risultano efficaci nel salvare una vita umana. Essere colpito da un arresto cardiaco significa andare incontro a morte certa se non si viene soccorsi in modo adeguato e in tempi dell’ordine di non più di 4/10 minuti. 
Su questi presupposti nasce la storia della Fondazione “Giorgio castelli” Onlus. 
“Quello che è accaduto al nostro Giorgio – ripetono da quella data i genitori Vincenzo e Rita e i fratelli Valerio e Alessio – non deve accadere ai figli, ai fratelli, ai compagni di nessun altro!” 
Nasce così, dal dolore di quel 24 febbraio, l’impegno della Famiglia Castelli nella lotta contro la morte cardiaca improvvisa e nella diffusione della cultura dell’emergenza. 
Intorno a loro si è sviluppata una gara di solidarietà commovente, ad assoluto titolo di volontariato. Decine di Istruttori, sanitari e laici hanno, da quel giorno, formato oltre 15.000 operatori che hanno riportato nelle loro comunità di appartenenza, il senso di una solidarietà concreta, di una passione civica di chi si forma per l’altro, di chi ha a cuore la sicurezza di chi lo circonda, nello sport, in parrocchia, a scuola, sul luogo di lavoro. La Fondazione ha assunto, specialmente nel nostro territorio, un punto di riferimento importante. 
L’esempio, o meglio, la testimonianza di Vincenzo, Rita, Valerio e Alessio non hanno lasciato nessuno di coloro che li ha conosciuti, indifferenti. 
Sono nate iniziative a livello sportivo, con la Città di Albano che, con anni di anticipo sulla legge attuale, ha cardioprotetto tutti gli impianti sportivi del territorio comunale, dotando tutti gli impianti di un apparecchio defibrillatore e formando centinaia di operatori laici. 
A livello scolastico, l’Istituto di Formazione Professionale Formalba che dal 2009 ha inserito il corso BLS tra i momenti formativi istituzionali, insegnando le manovre di rianimazione a più di 2000 tra allievi ed allieve, tanto che, dall’Anno Formativo 2018/2019 la stessa Fondazione Castelli ha messo a disposizione dell’Ente di Formazione, un suo istruttore qualificato per lo svolgimento dei corsi. Addirittura la Fondazione Giorgio Castelli è riuscita nella straordinaria impresa di cardioproteggere un intero paese, Scanno in Abruzzo, con oltre il 15% della popolazione residente formata e con la presenza diffusa dei defibrillatori tra le vie del centro storico. Tanto che non è esagerato affermare che ogni famiglia di Scanno ha un rianimatore in casa e un defibrillatore fuori la porta. E, ancora, l’intera area archeologica del Colosseo, frequentata ogni anno da più di sei milioni di turisti, dove lo scorso anno un visitatore americano si è salvato proprio grazie al pronto intervento e alla immediata defibrillazione praticata da un addetto, formato  dalla Fondazione Castelli, che aveva anche provveduto alla installazione di dodici defibrillatori nell’area.

Da quel 24 febbraio sono passati quattordici anni. Sul viso di Vincenzo e Rita qualche capello bianco in più e qualche ruga che prima non c’era, ma quello che non è cambiato, è la straordinaria vivacità del loro sguardo, uno sguardo che, dietro un velo di tristezza che li accompagnerà inevitabilmente per tutta la vita, mostra una vitalità, un coraggio, una passione che, insieme alle loro fragilità, non può che farti sentire, insieme a loro, parte di un progetto più grande, più bello, più coinvolgente, più solidale.

Il 24 febbraio è il giorno del ricordo, del dolore, di un fiore sulla tomba di un ragazzo al quale il destino ha voluto negare la possibilità di diventare adulto, conservandogli però la freschezza e le emozioni che solo un adolescente dagli occhi limpidi può avere.

Ma è anche il giorno della Speranza, della consapevolezza che da quel evento terribile è nato un cammino di Solidarietà e di Amore verso il prossimo. 
Il perché non lo sapremo mai. 
L’unica certezza è quella che quando, a Dio piacendo, lo rincontreremo in Cielo, potremmo dirgli che, grazie a lui, oggi, attraverso l’opera di chi gli ha voluto bene , e continua a volerglielo, il mondo che ha lasciato così presto, è certamente migliore.


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