Formalba e Aless Don Milani nel carcere romano di Rebibbia
QUANDO IL CALCIO E LA CUCINA RENDONO LIBERI
Il Presidente della Camera Roberto Fico in visita alle nostre Allieve
ROMA 11 GIUGNO. Documentare e raccontare quello che accade all’interno di un
ente di formazione importante, come lo è Formalba, la più significativa realtà
che si occupa di Formazione Professionale nella Provincia di Roma, è sicuramente
piacevole, perché i protagonisti sono i ragazzi e le ragazze che, nel periodo
in cui passano dall'adolescenza alla giovinezza trovano, nei nostri corsi, il
passaporto per accedere dalla porta principale al mondo del lavoro.
Ma stavolta cambia tutto e anche ad un vecchio menestrello
può capitare di venire coinvolto in una esperienza che definire originale è
decisamente riduttivo. Ci sono sempre i formatori, i tutor, i corsi con tanto
di firma di presenza sui registri, le valutazioni, gli attestati di
valutazione. Quello che cambia, stavolta è la location del corso e, giocoforza,
la tipologia delle allieve coinvolte. La sede del corso è il carcere di Rebibbia,
sulla via Tiburtina, famoso alle cronache per aver ospitato terroristi di
destra e di sinistra, ex politici e autori di alcuni tra i delitti più efferati
che hanno fatto la storia giudiziaria del nostro paese e hanno riempito le pagine
della cronaca nera. Le allieve sono un gruppo di donne, ospiti della struttura
penitenziaria, che seguono i corsi di cucina organizzati da Formalba e quelli
di assistente familiare proposti da Aless Don Milani, la capofila del gruppo.
Il mio cicerone è Angelo Canali, il Tutor di Aless che nei
giorni precedenti si era occupato della trafila burocratica necessaria per
farmi accedere alla struttura in compagnia della attrezzatura fotografica
indispensabile per immortalare l’evento. Nel tragitto dal luogo dove ci siamo
dati appuntamento all’ingresso del carcere, favoriti dal traffico romano, Angelo
mi istruisce su come devo comportarmi e cosa devo aspettarmi dal momento che
varcherò il portone blindato.
Inizia così la mia avventura in uno degli istituti carcerari
più importanti della penisola. La prima sensazione che hai, dopo aver sentito
lo scatto metallico del portone d’ingresso che ti si chiude alle spalle è che
il tempo tra le mura del carcere scorre ad una velocità diversa rispetto a
fuori. Per ogni cosa c’è un’attesa, un controllo, qualcosa da lasciare negli
armadietti chiusi a chiave. Inizi all’ingresso con il telefonino e poi, quando
dal settore amministrativo passi al reparto, per così dire residenziale, anche
la borsa della macchina fotografica segue lo stesso iter. Ci avviamo quindi
attraverso i lunghi corridoi che portano alle cucine e finalmente entriamo nel
vivo del servizio. Divieto di fotografare all’interno. Il permesso, ci dicono,
lo abbiamo solo per la parte esterna dove si terrà l’evento. Ovviamente le
richieste di uno strappo alla regola non vengono neanche prese in
considerazione dalle gentilissime agenti di custodia onnipresenti all’interno
dell’Istituto. Per arrivare al campo di gioco che ospiterà la manifestazione e
che vedrà anche la presenza del Presidente della Camera dei Deputati Roberto
Fico, passiamo all’interno della struttura che ospita le detenute. Uno sguardo
verso l’alto e l’immagine che si presenta è quella dei film di Scorsese. Occhi
curiosi che ti scrutano dalle balconate protette dalle reti. Sguardi pesanti,
che ti senti sulla pelle e che ti ricorda che il valore della libertà lo
percepisci solo nei luoghi dove essa è privata. Scatti, rumore di portoni
pesanti che si aprono e si richiudono, richiesta di generalità, il tempo che
scorre lento e, finalmente la luce del campo di calcio a cinque, lo stand dove
si terrà il rinfresco, il gazebo delle autorità, le sedie degli ospiti. Una
porzione di normalità che ti fa dimenticare, per un attimo, le serrature e i
fili spinati. Comincia la festa. In campo squadre schierate, foto in
formazione, come nelle migliori tradizioni calcistiche, arrivo di Roberto Fico
che stringe la mano a tutti gli atleti in campo. Saluti delle autorità,
discorsi e parole che altrove sembrerebbero addirittura banali, ma che qui
dentro assumono contenuti di eccezionale rilevanza. La maglia donata al
presidente a cui si chiede di tirare il calcio di inizio, e poi è solo calcio.
Quella magia che azzera le differenze tra gli umani e che ha fatto innamorare
poeti del calibro di Pierpaolo Pasolini o addirittura papi come Francesco.
Quella magia che ti fa vedere in campo le universitarie di Roma 3, gli
animatori della struttura e le donne a cui lo stato ha tolto la libertà. Un
universo che si fonde e che si ricompone in continuazione, tra dribbling, tiri
in porta, parate, incitamenti. Tutti sorridono quando una delle animatrici fa
gol e viene sommersa dagli abbracci delle ragazze detenute. Non giocano per la
stessa squadra, ma non fa niente. E’ un modo normale per dire che ti voglio
bene. Fine delle gare, premiazioni, foto di squadra e via al rinfresco. Le ragazze
di Formalba entrano nel grande stand, una dopo l’altra, impeccabili nelle
divise immacolate da cuoche e con in mano i vassoi delle portate. Applausi che
passano dal campo al luogo del buffet, dove si mischiano le divise da gioco con
le divise degli agenti della Polizia penitenziaria, con i vestiti blu del
cerimoniale della Camera e della Sicurezza. Fianco a fianco ci sono il
Presidente della Camera, la detenuta in divisa da gioco, la signora con il
vestito di Armani, gli agenti in divisa di ordinanza. Straordinaria normalità. Per
una volta gli ultimi della società si sono sentiti al centro dell’attenzione,
rispettati e considerati per quello che sanno fare e non solo giudicati per il
delitto commesso. Si apprezza in quei momenti la forza dell’intervento di
Formalba. I docenti del corso, la Chef Annamaria Palma, Federico Ippoliti, “Manu” Romeo
e Catia d’Angelis sono subissati di abbracci e di richieste di posare
insieme per uno scatto ricordo. Ci si abbandona, durante l’ottimo pranzo, alle
conoscenze di ogni festa, ci si racconta, si cerca di ricacciare le lacrime in
gola quando una delle signore ci dice che, grazie ai nostri docenti “non si è
sentita, per una volta, una donna sbagliata”, o quella che ti chiede di non
farle foto perché la famiglia non deve sapere che è in prigione. Tutte ti
dicono che fare sport o tenersi occupati con i corsi di formazione è l’unico
antidoto contro la depressione che è sempre in agguato dietro l’angolo. I due
tutor dei corsi in atto, Angelo Canali e Romeo Soldatelli, in polo di
ordinanza, con i loghi in bella mostra di Aless e Formalba, ci raccontano
episodi di piccola solidarietà di tutti i giorni, dove emerge che fare
formazione in questo ambito è qualcosa di più che farla fuori. Dove la carica
umana e il senso di solidarietà di straordinari docenti, ha lo stesso peso della
professionalità e della competenza. Formalba e Aless Don Milani stanno
scrivendo un bellissimo capitolo della storia della Formazione Professionale,
dimostrando che, in qualsiasi luogo, in qualsiasi situazione e con qualsiasi
persona, la conoscenza, la cultura, il sapere e il saper fare, possono
rivelarsi uno strumento straordinario per il reinserimento nella società di chi
ha sbagliato e, una volta pagato il suo debito con la giustizia, vuole
riappropriarsi di una dignità e di un rispetto che solo il lavoro può dare.
Marco Giustinelli
Ufficio Stampa Formalba
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