Quando il anche carcere diventa un momento di aggregazione, di cultura, di crescita
A REBIBBIA LA FORMAZIONE CHE NON CONOSCE BARRIERE
Esami di fine corso per le aspiranti Aiuto Cuoco
Rebibbia atto secondo. Dopo la
bella esperienza di maggio, valorizzata dalla presenza del Presidente della
Camera dei Deputati, Roberto Fico, si giunge ormai alla conclusione del corso
per aiuto cuoco (o, nel caso specifico “cuoca”), realizzato da Formalba
all’interno della Sezione femminile del complesso penitenziario di Via
Tiburtina.
È il giorno della prova pratica e
le allieve dopo aver superato brillantemente le prove scritte e orali, si
dovranno destreggiare tra padelle e fornelli per dimostrare alla commissione
esaminatrice di essere in grado di meritarsi l’attestato che le qualifica.
L’aria che si respira è quella di
tutte le classi prima degli esami: preoccupazione, ansia, qualche sorriso
forzato e qualche battuta per mascherare la tensione in attesa che inizi la prova.
Se non fosse per le sbarre alle
finestre e la presenza discreta - ma continua -
delle agenti della Polizia Penitenziaria, non verrebbe mai in mente che ci
si trova in un luogo dove lo Stato confina i suoi figli che hanno offeso le
regole che la società civile si è data. L’unico elemento che si avverte, in
tutta la sua ovvietà, è la mancanza di libertà. Nei momenti di pausa, come
spesso accade, la mano va automaticamente alla tasca dove normalmente si custodisce
il telefonino, ma la trova inesorabilmente vuota. Lo strumento attraverso il
quale ormai tutti noi siamo connessi con il resto dell’umanità digitale, è rimasto
nella cassetta di sicurezza dell’ingresso, dove in caratteri cubitali è indicato
che i cellulari fanno parte di quegli oggetti che non possono accedere all’interno
del sito carcerario. La mancanza di comunicazione autonoma segna il confine tra
due mondi, ciascuno con le sue velocità, i suoi riti, i suoi tempi e le sue
regole. Forse, in modo più incisivo dei massicci cancelli che si chiudono con
lo scatto della serratura elettrica alle spalle del visitatore. I pensieri e le
riflessioni svaniscono quando il primo gruppo di allieve è chiamato ad
effettuare la prova pratica. Per tutte la stessa prova: gnocchetti fatti a mano
con condimento di spigola e pomodori freschi mantecati con pecorino e
prezzemolo. Sotto lo sguardo attento e determinato della Chef Annamaria Palma,
la brigata si muove rapida e coordinata. Ciascuna allieva sa quello che deve
fare e come e quando lo deve fare. È uno spettacolo di colori profumi e abilità nell'unire il tutto nei modi e nei tempi giusti per arrivare al piatto finale
che, oltre a olfatto e palato, delizia la vista e il gusto dei fortunati
assaggiatori. Tre brigate, tre piatti identici negli ingredienti ma con
sfumature diverse al momento dell’assaggio. C’è quello che esalta i sapori
degli ingredienti e quello che armonizza il tutto con sapienza e delicatezza,
per finire con chi ha scelto di aggredire il palato con sapori forti e decisi.
Quello che si avverte in tutti, è l’amore con cui sono stati preparati,
ingrediente indispensabile per dare a quei piatti il profumo e il sapore della
libertà. Al termine della giornata, lunga e faticosa per tutti, si respira un
misto di felicità per il risultato ottenuto e di tristezza perché tutti sanno
che è arrivato il momento del commiato. La formazione, all'interno di un
ambiente così particolare, rappresenta un momento di condivisione tra chi ne
usufruisce e chi la eroga. Molte delle donne attualmente detenute, ci si
augura, sfrutteranno questa esperienza e le straordinarie competenza acquisite,
nella lotta per il reinserimento nella società, dopo aver saldato il loro
debito con la giustizia. Per altre sarà stato solo un momento per stare insieme
in un contesto piacevole e interessante. Per tutte, compresi i formatori, una
straordinaria occasione per avvicinare un mondo ai più sconosciuto, condito da
luoghi comuni e da facili giudizi e pregiudizi. Un momento per riflettere e non
per giudicare. Le lacrime che scorrono copiose su più di un volto, gli
abbracci, gli addii da entrambe le parti, testimoniano che il carcere può
diventare un luogo dal quale tutti si augurano di poter uscire uomini e donne
migliori di quelli e quelle che sono entrati. Detenute, formatori e operatori
della comunicazione compresi.
Marco Giustinelli
Ufficio Stampa Formalba
Marco Giustinelli
Ufficio Stampa Formalba
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